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Evoluzione
L'avventura della vita sulla terra



Dal primo organismo nato sulla terra o venuto dallo spazio, fino alla comparsa dell'uomo, lo sviluppo della vita è stato un percorso affascinante e pieno di risvolti emozionanti, durato tre miliardi di anni. Seguitelo insieme a Newton
Sulla terraferma, oppure negli abissi del mare, oppure ancora trasportata da asteroidi da qualche remota regione dell'universo: la comparsa della vita sulla Terra continua a rappresentare un puzzle che appassiona, e spesso divide, gli scienziati. Il nostro pianeta si è formato circa quattro miliardi e 600 milioni di anni fa e a un certo punto, in un momento imprecisato, qualcosa dev'essere accaduto perché questo corpo celeste inerte abbia cominciato a ospitare qualcosa di completamente diverso dalle rocce e dall'acqua. Una molecola di azoto e carbonio che si è evoluta in Dna, un microrganismo che è giunto a bordo di un "taxi" stellare... Sta di fatto che milioni e milioni di anni dopo questo inizio impalpabile sono comparsi i primi esseri unicellulari, poi via via organismi acquatici sempre più complessi che sono infine sbarcati sulla terraferma dando inizio a una colonizzazione fitta e variegata di esseri viventi. Oggi si contano circa due milioni di specie diverse di organismi sul pianeta. E tutti sono discendenti da qualcosa che a un certo punto iniziò il cammino della vita. A discutere dell'origine della vita sulla Terra sono, in queste pagine, alcuni tra i più autorevoli esperti a livello internazionale, che presentano le ultime teorie e i più recenti risultati delle ricerche. Poi vedremo cosa è avvenuto da quel primo Dna, quali sono state le tappe principali dell'evoluzione e quali stranissimi esseri hanno popolato acque e terre del globo fino alla comparsa dell'uomo. Quello che è avvenuto dai primi ominidi a oggi sarà raccontato da Newton in uno dei prossimi numeri. Siamo tutti figli delle stelle? Sono i "banditi" dell'universo, schegge impazzite che vagano per il cosmo per impattare prima o poi contro qualche corpo celeste. Ma comete e asteroidi (o meglio parti distaccate di esse) potrebbero anche essere stati i portatori della vita sulla Terra. Intanto, molto probabilmente fu una cometa (corpi formati da rocce e ghiaccio) a portare sulla Terra una grande quantità di acqua, senza la quale il pianeta sarebbe rimasto per sempre arido. "Le comete e gli asteroidi hanno certamente avuto un ruolo molto importante sia per la nascita che per l'evoluzione della vita", afferma Cristiano Cosmovici, dell'Istituto di fisica dello spazio interplanetario del Consiglio nazionale delle ricerche e coordinatore dei 27 gruppi che in Italia si occupano di esobiologia (la scienza che studia le possibilità di vita al di fuori della Terra). "I recenti ritrovamenti sugli asteroidi di molecole organiche, cioè quelle di cui sono formati gli esseri viventi", prosegue Cosmovici, "hanno fatto prendere nuovamente in considerazione la vecchia ipotesi della panspermia. Secondo tale ipotesi la vita sarebbe stata seminata sul nostro pianeta proprio da questi corpi celesti, che avrebbero funzionato un po' come degli autobus in grado di veicolare sostanze organiche, a volte anche complesse, (e qualcuno sostiene che abbiano portato anche batteri) da un pianeta e all'altro nel Sistema solare". Ma, aggiunge l'esobiologo, le meteoriti di grandi dimensioni hanno provocato anche dei veri e propri disastri naturali. "Da una parte questi fenomeni hanno portato all'estinzione di molte specie viventi (i dinosauri, per esempio), ma proprio per questo hanno favorito allo stesso tempo lo sviluppo di forme di vita che altrimenti non avrebbero avuto la possibilità di prevalere. Per esempio, l'estinzione dei dinosauri ha permesso lo sviluppo dei mammiferi, e quindi dell'uomo". Ma a questo punto è lecito temere che prima o poi ci attenda la stessa estinzione toccata ad altre specie, a causa di questi corpi celesti che in base a tali teorie hanno permesso la nostra comparsa. Rna e Dna: le catene vitali Tutti gli esseri viventi, oltre a conservare il proprio corpo, lasciano individui quasi uguali a se stessi, ovvero i discendenti. Questa capacità di conservare se stessi e contemporaneamente creare delle riproduzioni costituisce la fondamentale differenza tra vita e materia. Tuttavia la vita non è fatta d'altro che di comuni atomi come carbonio e azoto. Come hanno potuto elementi così ordinari creare svariate forme di esseri viventi? "Il grande interrogativo è infatti capire come dalle molecole organiche si arrivati alla cellula completa, composta da proteine,grassi o lipidi, zuccheri e acidi nucleici (Dna e Rna) perfettamente integrati e in grado di interagire correttamente fra loro", sottolinea Martino Rizzotti, biologo dell'università di Padova e studioso dell'origine delle cellule. "Ci sono tre possibili teorie per spiegare questo processo. Una delle ipotesi si basa sulla capacitàdi associazione dei lipidi. Queste molecole, infatti, in un ambiente acquoso formano spontaneamente delle piccole sfere che si accrescono sempre più e che quando raggiungono certe dimensioni possono dividersi originando due sfere più piccole. Se ai lipidi si fossero associate altre molecole, questo processo potrebbe spiegare la formazione di alcune strutture simili alle cellule. Una seconda teoria invece considera la capacità degli acidi nucleici (e in particolare dell'Rna) di favorire alcune reazioni chimiche che ancora oggi caratterizzano i processi vitali. Un terzo modello parte dalle proteine, i cui costituenti elementari, gli aminoacidi, potevano formarsi facilmente nei caldi oceani primordiali, e aggregarsi formando deicomplessi chiamati microsfere, che presentano caratteristiche tipiche delle cellule". Ma per Paul Davies, fisico dell'università di Adelaide in Australia e autore di molti best-seller sull'origine della vita e dell'universo, queste spiegazioni non convincono. "Il punto critico della questione", afferma, "non è come si siano formate tutte queste componenti, ma come possano essersi aggregate fisicamente fra loro. Siamo ancora lontani dal capire il segreto della vita". Un segreto nel buio degli abissi Nei pressi delle catene montuose sottomarine dell'oceano Pacifico e dell'arcipelago delle Galapagos, sul finire degli anni Settanta sono state scoperte vaste zone in cui dal fondo mare scaturisce acqua ad alta temperatura, fino a 350°C. Sono luoghi dove fuoriesce il magma delle zone interne della superfice terrestre. Da questa sorta di sorgenti termali sottomarine esce una gran quantità di gas fra cui metano, idrogeno solforato, idrogeno, e anche di ioni metallici come manganese, zinco, rame, ferro. Nei dintorni crescono molti batteri che si procurano l'energia vitale ossidando l'idrogeno solforato. I batteri vivono in simbiosi con altri organismi più complessi come "vermi tubo", molluschi con conchiglia, granchi, gamberi. Provato in laboratorio Si tratta di un vasto ecosistema in un ambiente totalmente buio del tutto diverso da quello che sulla terraferma si basa sulla sintesi della luce solare, e di recente si è ipotizzato che proprio questi ambienti delle profondità abbiano prodotto la vita sulla Terra. Questa possibilità è stata dimostrata riproducendo in laboratorio lo stesso ambiente. Una provetta con una soluzione acquosa contenente aminoacidi (glicina, alanina, asparagina) è stata riscaldata per 6 ore a 250°C alla pressione di 134 atmosfere. E si è scoperto che si erano formati dei minuti globuli, muniti di struttura membranosa, del diametro compreso fra 1,5 e 2,5 millesimi di millimetro). Tali globuli potrebbero aver originato le prime cellule. Tre miliardi di anni per crescere Col passar del tempo, la vita si è evoluta in forme sempre più complesse. Il secondo grande cambiamento che si è avuto nella storia della vita è la comparsa della membrana nucleare, ovvero la membrana che avvolge il nucleo della cellula, l'intero "sistema biologico" di ogni organismo. All'interno della membrana nucleare è racchiuso il Dna, cioè la molecola che contiene tutte le informazioni necessarie alla conservazione della vita e all'autoriproduzione, e questa forma di protezione del Dna dall'ambiente esterno ha permesso alle cellule di sopravvivere e di sopportare le mutazioni ambientali. Il terzo grande cambiamento nella storia della vita è rappresentato dalla comparsa degli organismi pluricellulari. Iniziano le differenze Le cellule sono andate via via raggruppandosi creando un solo organismo con funzioni sempre più specializzate. Infatti, le cellule di questi organismi cominciarono a differenziarsi in varie forme e ciascuna prese parte allo svolgimento delle varie funzioni necessarie alla conservazione della vita e alla autoproliferazione. Fu probabilmente così che la Terra si riempì di forme di vita incredibilmente diverse. Tuttavia, se le forme di vita sono diverse, la base del sistema biologico è uguale. Ogni essere vivente ha un elemento che trasporta le informazioni genetiche e un sistema che in base a tali informazioni permette di conservare la vita e lasciare discendenti. Come si vede nell'illustrazione, da sinistra a destra, i primi organismi apparsi sulla Terra circa 3,5-4 miliardi di anni fa erano esseri unicellulari privi di membrana nucleare, cioè con il Dna "nudo", esposto all'ambiente esterno. Due miliardi e 600 milioni di anni fa circa accadde un evento biologico rivoluzionario. Alcuni tipi di alghe unicellulari, dette stromatoliti, iniziarono a produrre ossigeno grazie a un primitivo sistema di fotosintesi (come oggi avviene nelle piante). Fino ad allora l'ossigeno era tossico per gli organismi viventi. Con il graduale aumento delle concentrazioni di ossigeno avvenne una selezione naturale per cui sopravvissero solo quelle forme di vita che potevano sopportarne la presenza. Un miliardo e 600 milioni di anni fa nacquero organismi cellurari dotati di una vera membrana nucleare e successivamente organismi pluricellulari. Infine 700 milioni di anni fa, dopo una lentissima evoluzione di tre miliardi di anni, fecero la loro apparizione forme di vita grandi abbastanza da potere essere osservate ad occhio nudo. Da decine a migliaia di specie Nel periodo cambriano (600-500 milioni di anni fa) e più esattamente a partire da 575 milioni di anni fa, le forme di vita iniziarono una evoluzione eclatante. Le diverse specie viventi, che fino ad allora erano state nell'ordine delle poche decine, aumentarono vistosamente fino ad una decina di migliaia di specie. Molte di queste forme di vita avevano un aspetto davvero molto sorprendente, come è risultato chiaro dai ritrovamenti di fossili in roccce (scisti) risalenti al cambriano in Canada. L'era dei pesci Il periodo devoniano, da 400 a 360 milioni di anni fa, è anche soprannominato "era dei pesci". Fra gli altri c'erano esemplari lunghi fino a otto metri e altri,come l'Hemicyclapsis, con scaglie che formavano una spessa corazza. Ma quando i pesci divennero i padroni assoluti del mare era già incominciata la conquista della terraferma. Dapprima con le piante, poi con gli insetti, infine con animali sempre più evoluti: anfibi, poi rettili. E quando giunse l'era dei dinosauri (da 250 a 65 milioni di anni fa), quasi nascosti all'ombra della loro mole vivevano animali che, superando i grandi mutamenti e le catastrofi naturali avvenuti in quell'epoca, iniziarono a prosperare: i mammiferi. E venne il regno dei mammiferi Con l'estinzione dei dinosauri, avvenuta 65 milioni di anni fa, si apre l'era cenozoica o terziaria (durata fino a due milioni di anni fa). Si assiste a una moltiplicazione delle specie appartenenti alla classe dei mammiferi, che fino ad allora avevano vissuto nel fitto delle foreste. La superficie terrestre era coperta da una ricca vegetazione favorita da condizioni climatiche di caldo umido. Prosperavano quindi gli animali che si nutrivano di foglie, come per esempio l'Uintatherium e l'Arsinoitherium, somiglianti ai rinoceronti attuali ma facenti parte di una famiglia del tutto distinta. Il più alto mai visto Anche il più antico cavallo, l'Hyracotherium, che apparve poco prima di questi e aveva le dimensioni di un cane di media grandezza, si cibava di fogliame. Di quell'epoca è anche il mammifero terrestre più alto mai vissuto, l'Indricotherium, che poteva raggiungere i 4,5 metri. A partire da circa 37 milioni di anni fa, il clima sulla Terra iniziò a raffreddarsi. In seguito al diffondersi del clima secco, si svilupparono le praterie. Molti mammiferi primitivi si estinsero a causa di tali mutamenti dell'ambiente, mentre ne apparvero di nuovi, gli erbivori adatti a brucare la vegetazione più bassa e a correre nelle praterie. Circa 20 milioni di anni fa erano apparsi tutti i tipi (al livello di famiglie della sistematica zoologica) di mammiferi attuali. Eppure quegli animali oggi ci apparirebbero assai bizzarri. Gli elefanti potevano avere zanne a forma di pala, o rivolte verso il basso. Anche altri animali avevano corna dalle forme strane. I mammiferi, preso il posto dei dinosauri, prosperarono e trovarono spazi vitali anche nei cieli e nei mari. Fra essi facevano i loro progressi sugli alberi delle foreste alcuni primati, antenati del genere umano. I signori delle paludi Il secondo periodo dell'era terziaria, tra i 26 e i 7 milioni di anni fa, conosciuto come Miocene, vide l'inizio di un fenomeno di "regressione marina" che si completò alla fine dell'era terziaria, quando alcune zone come l'Europa assunsero l'attuale fisionomia (per esempio, con la formazione delle Alpi), e che determinò diffuse formazioni di acqua salmastra. Grazie a questo, ci fu una proliferazione della mangrovia superiore rispetto all'attuale distribuzione. Clima e cambiamenti La mangrovia è oggi una pianta tipica delle regioni tropicali litoranee. Nel corso del Miocene, questa pianta prosperò anche in zone lontane dalla costa. Solo verso la fine del periodo il clima è divenuto più freddo, consentendo la diffusione di pioppi, ontani, platani, aceri, salici, querce e varie conifere. Animali rappresentativi di questo habitat sono i mammiferi erbivori delle paludi, di cui due esemplari sono il Desmostylus e il Paleoparadoxia. Si tratta di antenati dei perissodattili (tapiridi; mammiferi ungulati con dita dispari e quello medio molto sviluppato ricoperto dallo zoccolo; senza canini, ma con incisivi superiori e inferiori) e degli artiodattili suiniformi (ippopotamidi; con dita in numero pari e zoccolo sul terzo e quarto dito). Questi mammiferi giunsero in Europa dall'Asia e dall'Africa. Le testimonianze fossili indicano che l'ippopotamo non ha sempre avuto la mole (3 tonnellate o più) che lo caratterizza oggi. L'odierno deriva da un progenitore molto simile all'ippopotamo pigmeo che ancora popola le foreste africane della Liberia e della Costa d'Avorio. L'aumento di volume si è forse avuto quando i cambiamenti climatici portarono alla diminuzione delle aree paludose, di cui l'ippopotamo era signore incontrastato, e lo misero in competizione con altre specie per la sopravvivenza. Finalmente l'uomo. O quasi Analizzando il Dna e le sue mutazioni nel corso del tempo, si può ipotizzare l'epoca in cui la specie umana si è separata dai parenti più prossimi (scimmie antropomorfe): circa cinque milioni di anni fa. Cosa sappiamo invece delle origini dell'uomo dalle indagini compiute sui ritrovamenti fossili? Fino a non molto tempo fa l'Australopithecus afarensis, più noto con il nomignolo di Lucy, era considerato il più antico antenato dell'uomo. Risulta chiaro dalla forma dell'osso del bacino (pelvico) e dalle orme dei piedi che Lucy fosse bipede e camminasse in posizione eretta. Ma i fossili più antichi dell'Australopithecus afarensis risalgono a 4 milioni di anni fa, cioè ben un milione di anni dopo il momento in cui, in base alle indagini sul Dna, l'uomo si sarebbe separato dalle scimmie antropomorfe. Ma nel 1992 è stato scoperto un fossile di Australopithecus ramidus che potrebbe colmare questo vuoto. Questi fossili risalgono a 4 milioni e 400.000 anni fa e la dentatura degli esemplari portati alla luce dimostra che l'Australopithecus ramidus si era da poco separato dalle scimmie antropomorfe. Si stanno ora svolgendo indagini per stabilire se esso camminasse o meno in posizione eretta. I nuovi ritrovamenti di fossili aiuteranno a precisare sempre meglio le circostanze della nascita dell'uomo, anche se tra gli scienziati non c'è concordia sulla linea evolutiva dell'uomo a partire dalle scimmie. L'umanità conquista il pianeta L'uomo è nato in Africa ma non è ancora chiara la linea evolutiva che dagli australopitechi come Lucy portò alla comparsa dei nostri diretti progenitori. Probabilmente dagli australopitechi si sviluppò, un milione e mezzo di anni fa, l'Homo habilis, in grado di usare rudimentali utensili in pietra, e da questo, circa 300.000 anni fa, l'Homo erectus, il primo a darsi una certa organizzazione sociale e a usare il fuoco. È probabile, comunque, che circa duecentomila anni fa circa fu l'Homo erectus a iniziare quella migrazione che dall'Africa lo portò verso gli altri continenti della Terra, secondo una sequenza che viene ipotizzata in questo modo. Centomila anni fa l'Homo erectus sarebbe arrivato dall'Africa nel Medio Oriente, dove si sarebbe avuta nel tempo una differenziazione fra negroidi e caucasoidi. La colonizzazione dell'Europa è in parte ancora oscura: circa 35.000 anni fa vi arrivò dal Medio Oriente il nostro più diretto antenato, l'Homo sapiens sapiens (uomo di Cro-Magnon) ma sembra che non sia stato il solo. In Europa viveva già un altro discendente dell'Homo erectus, l'uomo di Neanderthal (Homo sapiens). Non è chiaro cosa avvenne fra i due gruppi, ma con l'apparire dell'uomo di Cro Magnon quello di Neandertal scomparve. Intanto, gli uomini che si erano spinti nelle regioni meridionali della catena himalayana divennero gli antenati degli indiani. I gruppi umani che si erano diretti verso le regioni settentrionali dell'Asia si adattarono al severo clima delle glaciazioni e divennero gli antenati degli attuali mongoli. Fra gli uomini che erano giunti fino nel Sud Est asiatico, alcuni avevano raggiunto l'Australia traversando il mare. Furono gli antenati degli australoidi, oggi rappresentati dagli aborigeni australiani. In epoche seguenti alcuni navigarono anche l'oceano Pacifico. I gruppi mongolidi dell'Asia orientale intrapresero nuove migrazioni alla ricerca di terra. Si pensa che il tratto di mare dello stretto di Bering, congelato dalle glaciazioni, abbia fatto da ponte a migrazioni di mongolidi, circa 13.000 anni fa, verso il continente americano. In seguito, i gruppi giunti in America si diffusero su tutto il continente divenendo gli antenati degli americani precolombiani. Solo un migliaio di anni fa giunsero fino alla Terra del Fuoco, estremità meridionale del continente.


Newton 01 dicembre 1997



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