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La pillola dell' oblio



È polemica nel mondo della medicina. Al centro c' è un farmaco che ha rivelato una proprietà inaspettata: rimuove il dolore dai ricordi traumatici, ma nello stesso tempo elimina anche i rimorsi e i sensi di colpa. E se lo prendesse un criminale ?
L' hanno soprannominata "pillola dell' oblio" perché aiuta le vittime a "dimenticare" eventi sconvolgenti e a riprendere una vita normale. Ed è stata subito polemica nel mondo scientifico, perché c'è anche chi l'ha definita "pillola dell' assoluzione": potrebbe evitare a stupratori, assassini e terroristi di essere schiacciati da sensi di colpa e rimorsi per le loro azioni. Ma questo farmaco ha gettato scompiglio tra i ricercatori anche per un' altra ragione: i suoi effetti stanno costringendo gli studiosi a rivedere ciò che finora si conosceva sui meccanismi della memoria. Si chiama propranololo, ed è una sostanza abitualmente prescritta da anni per combattere l' ipertensione. Ora viene sperimentato negli Stati Uniti, in Francia e a Portorico per la sua capacità di rimuovere il dolore dai ricordi ed evitare la cosiddetta sindrome da stress post traumatico. Una vera e propria malattia dei sopravvissuti, a uno stupro come a un grave incidente d' auto, a un terremoto o a un atto di terrorismo o di guerra. Colpisce uomini, donne, ragazzi, bambini che anche a distanza di tempo non riescono più a vivere in modo normale, a studiare, ad avere rapporti con la famiglia e gli amici, a lavorare con regolarità. Perché sono condannati a ricordare giorno dopo giorno, notte dopo notte il trauma subito. Lo rivivono nella loro mente proprio come se rivedessero un film, dicono gli scienziati che hanno studiato con la Pet (tomografia a emissione di positroni) alcune vittime: al momento del ricordo, infatti, si attivavano proprio le aree visive della corteccia e non solo l' area limbica, la parte del cervello che regola le emozioni. "Dimenticare è importante tanto quanto ricordare e gli studi di questi ultimi anni offrono una spiegazione a livello biochimico di quanto hanno sempre detto gli psicologi", dice Stefano Zago, neuropsicologo del Centro per i disturbi cognitivi e della memoria del Policlinico di Milano. "Se non avessimo la capacità di selezionare tutto quello che proviene dal mondo esterno, la nostra memoria andrebbe in tilt. Anche il ricordo spiacevole ha una funzione positiva se rende le persone capaci di agire meglio in altre situazioni di stress", continua Zago. "Quando però il meccanismo va in corto circuito e il filtro non funziona più il ricordo diventa ossessivo, determinando reazioni emotive fonte di grave disagio". E la persona smette di vivere. Non a caso sono gli Stati Uniti il Paese in cui la sindrome post traumatica da stress è studiata con tanta attenzione: ne sono colpiti dal tre all' otto per cento degli americani, reduci del Vietnam o del Golfo, sopravvissuti al crollo delle due Torri, vittime di sparatorie e stupri. Roger Pitman, psichiatra di Harvard e uno dei più autorevoli esperti della sindrome, è autore dello studio pilota sugli effetti del propranololo condotto insieme a Glenn Saxe, psichiatra dell' età dello sviluppo al Boston Medical Center. Alla radice della ricerca un' intuizione: si sa da tempo che le terapie prolungate con farmaci antipertensivi a base di propranololo provocano un leggero calo generalizzato della memoria. Perché allora non sfruttare questo "effetto collaterale" intervenendo prima che i ricordi si fissino nella mente ? Pitman e Glenn hanno scelto un campione di venti persone fra quelle che si sono presentate al Pronto soccorso del Massachusetts General Hospital in seguito a gravi incidenti. Un mese dopo, nessuno degli otto curati con propranololo soffriva di sintomi da stress; mentre solo sei dei quattordici trattati con un placebo mostravano dei miglioramenti. Questo fatto, sostengono gli psichiatri, conferma un effetto preventivo del farmaco sulle devastanti conseguenze psicologiche di un violento trauma. "Il propranololo", spiega Adriana Maggi, direttore del Cend (Centro di eccellenza per lo studio delle malattie neurodegenerative) dell' Università di Milano, "agisce direttamente sull' ippocampo, il luogo in cui si "genera" la memoria. Sappiamo ancora poco della memoria e del suo contrario, l' oblio, comunque prima di questo studio si pensava che la memoria emotiva, quella legata a un elemento forte come la paura, dipendesse non solo dall' ippocampo ma anche da un' altra struttura del cervello l'amigdala. Si riteneva che fosse collegata all' interazione fra queste due aree, anche se non era possibile stabilire quale delle due fosse più importante. Ebbene", conclude Maggi, "questi primi dati, se confermati, rivelano che solo l'ippocampo è importante nella regolazione di tutti i fenomeni mnemonici". Oggi le cure possibili dopo un violento trauma sono rappresentate dalla psicoterapia ed eventualmente dai farmaci antidepressivi. Domani, chissà, la sofferenza potrebbe essere attenuata più rapidamente con l' aiuto di questa pillola, che mira direttamente al cuore del problema, non eliminando il ricordo, cosa impossibile, ma attenuandone la violenza emotiva. Con un grave pericolo, polemizzano alcuni scienziati: "Potrebbe diventare la pillola del giorno dopo anche per un individuo violento, allontanare rimorsi e sensi di colpa di stupratori o assassini", sostiene tra gli altri Leon Kass, a capo del Consiglio presidenziale statunitense sulla bioetica. "Somministrandola ai soldati, si correrebbe il rischio di creare un esercito che non conosce la differenza fra l'accettabile e l' inaccettabile", ha ipotizzato lo psichiatra Edmund Howe, dell'Università del Maryland. "Ma il problema etico è sempre presente nella scienza", ribatte Stefano Zago. "Dipende dall' uso che si fa di una scoperta. Non possiamo bloccare la ricerca in nome di questo rischio, quando invece saremmo in grado di aiutare tante persone". E del resto il nostro organismo è già attrezzato a dimenticare: il cervello combatte la sofferenza producendo producendo sostanze dette cannabinoidi naturali, la cui molecola è molto simile, per esempio, a quella della marijuana. "I cannabinoidi naturali, infatti, aumentano la produzione di una sostanza (detta GABA) che diminuisce la memoria. Mentre quelli assunti dall' organismo fumando marijuana hanno un effetto diverso", afferma Adriana Maggi. Di certo altri studi recenti, come quello della biologa francese Isabelle Mansuy, confermano come il nostro cervello sia naturalmente predisposto a "dimenticare" per proteggersi dall' eccesso di informazioni inutili. Non a caso nelle cellule del nostro organismo, da quelle dei muscoli o della pelle fino a quelle dell' ippocampo, si trova un enzima detto PP1 (proteina fosfatase 1) che regola processi vitali come lo sviluppo embrionale o la divisione cellulare. Questo enzima ha l'importante compito di selezionare quanto vogliamo ricordare o dimenticare. E potrebbe essere proprio il meccanismo alterato della PP1 a provocare il decadimento della memoria nelle persone anziane o, il suo accumulo, a suscitare i problemi mnemonici in malati come quelli di Alzheimer. Tanto che Mansuy e la sua équipe del Politecnico di Zurigo sono andati oltre: hanno creato dei topolini transgenici dotati di un gene che impedisce all' enzima PP1 di filtrare i ricordi. Questi topolini con una memoria di ferro durante gli esperimenti ricordavano perfettamente la posizione di una piattaforma nascosta sott' acqua. Non solo, bloccando la PP1 ad apprendimento terminato, i loro ricordi duravano più a lungo. Non solo il propranololo, allora, ma anche la PP1 potrebbe un giorno aggiungersi all' elenco delle pillole dell' oblio. E rinfocolare ulteriormente le polemiche già scatenate ora nel mondo scientifico. "Una cosa è certa: farmaci del genere potrebbero aiutare chi ne ha davvero bisogno purché abbinati a una psicoterapia", sostiene il neuropsicologo Stefano Zago. "Rimuovendo completamente, senza queste cautele, l' aspetto emotivo di un ricordo ci trasformeremmo in persone incapaci di provare e manifestare emozioni". Come funziona il farmaco dell' oblio: per capire come funziona la "pillola dell'oblio" bisogna tenere presente che i ricordi si consolidano passando dal "magazzino" della memoria a breve termine" all'"archivio" della memoria a lungo termine. E ciò avviene, per esempio, con la ripetizione di ciò che si vuole fissare nella mente, come una poesia o un numero telefonico. "L' operazione", spiega Adriana Maggi, farmacologa dell' Università di Milano, "passa attraverso due fasi. La prima dura meno di un' ora, e non richiede che il cervello fabbrichi delle specifiche proteine. La seconda dura di più e richiede la produzione di nuove proteine che permettono di non dimenticare con il tempo". "La memoria emotiva, legata a stimoli forti come la paura", continua Maggi, "è legata all' ippocampo e all' amigdala, due aree del cervello". Per esempio, quando si prova una paura intensa, le ghiandole surrenali producono un ormone (ACTH). Questo agisce sul sistema nervoso centrale e arriva all' ippocampo. Qui, in una reazione a catena, si innesca la produzione di altre sostanze fino alla noradrenalina, neurotrasmettitore fondamentale per il consolidamento del ricordo. "Gli studi sul propranololo", dice Maggi, "rivelano che il farmaco agisce solo sull'ippocampo, impedendo la fissazione del ricordo. Ma ciò, per ora almeno, può accadere solo se viene dato entro breve tempo dal trauma, quando, cioè, il cervello non ha ancora iniziato a produrre le proteine che determinano la memoria a lungo termine". In sostanza, la vittima di una violenza che prende la pillola dell'oblio mantiene il ricordo di quanto è avvenuto, tanto che può fare una denuncia, però non lo "immagazzina" nella memoria a lungo termine, dove poi potrebbe provocare il tipico stress che segue un trauma. Ma com' è la memoria di un criminale? Rimorso, senso di colpa, pietà per la vittima: il timore di molti scienziati che questi sentimenti un giorno possano essere eliminati con un farmaco è giustificato. In effetti il criminale è un soggetto normale che sceglie quasi sempre la via del male. Vi sono delle eccezioni e fra queste la più frequente è la psicopatia, una patologia della personalità che cancella il senso morale. Psicopatici, per esempio, sono gran parte degli assassini seriali, che ricordano il gesto efferato, ma alla cui base spesso c' è un disturbo della coscienza che riverbera sulla memoria. Infatti l' infanzia di molti serial killer è segnata da abusi fisici e psicologici che inducono la comparsa del cosiddetto "disturbo dissociativo dell' identità". Questo si manifesta essenzialmente con la presenza di due o più distinte identità che in modo ricorrente assumono il controllo del comportamento. Inoltre il soggetto è incapace di ricordare notizie personali importanti, un difetto troppo esteso per essere spiegato con una banale tendenza alla dimenticanza. Il disturbo dissociativo dell' identità può essere anche visto come una tecnica di sopravvivenza altamente creativa che il bambino utilizza per sfuggire a una situazione di abuso fisico, sessuale e psicologico, estrema e ripetuta. La dissociazione permette di separare l' esperienza del trauma dai sentimenti di intensa paura sperimentati, che altrimenti porterebbero il bambino all' annientamento e alla follia. Le tracce dei traumi subiti permangono però assai più a lungo dei normali ricordi, sebbene nascoste in un angolo apparentemente irraggiungibile della mente. Spesso spingono il bambino a scegliere inconsapevolmente giochi centrati su aggressività e violenza, a ricorrere a un mondo di fantasie sempre più sadiche e sessuali. Le esperienze violente compromettono anche la capacità di sperimentare relazioni significative con il prossimo, che viene privato di ogni caratteristica di autonomia personale. (Massimo Picozzi, criminologo). I sette peccati capitali della memoria: anche la memoria ha i suoi nei. Daniel Schacter, direttore del Dipartimento di Psicologia dell' Università di Harvard li ha raccolti in un volume (Il fragile potere della memoria, Mondadori), paragonandoli ai sette peccati capitali. Come questi ultimi, infatti, le grandi trasgressioni della memoria fanno parte della vita quotidiana. La labilità: ovvero l'indebolimento o la perdita della memoria nel tempo. La distrazione: consiste principalmente nella riduzione dell'attenzione. Questo genere di errore avviene quando "abbiamo la testa da un' altra parte" e non siamo perciò concentrati su ciò che stiamo facendo. Il blocco: è la ricerca a vuoto di un' informazione che sappiamo di avere, ma che non riusciamo a recuperare. Si tratta del cosiddetto fenomeno "parola sulla punta della lingua". L'errata attribuzione: vale a dire: far risalire un ricordo alla fonte sbagliata. In questo contesto è possibile, per esempio, scambiare la fantasia con la realtà. La suggestionabilità: si verifica quando i ricordi si affidano a suggerimenti che distorcono la realtà dei fatti. La distorsione: riflette l'influsso delle convinzioni presenti su ciò che è già successo. Ciò significa che talvolta capita di "riscrivere la storia" alla luce di ciò che si conosce al momento. La persistenza: riguarda i ricordi che vorremmo cancellare con tutte le nostre forze, ma che non ci vogliono proprio abbandonare.
Giongo Patrizia, Picozzi Massimo

Newton 01 ottobre 2003



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