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Parte da New York la rivincita di Meucci


Un piccolo museo punta al Congresso americano per far riconoscere all'inventore italiano l'intuizione del telefono. Ma in Italia c'è anche chi non vede di buon occhio questa rivincita nei confronti di Bell.
Antonio Meucci sta per prendersi una rivincita postuma: un piccolo museo di New York ha lanciato una campagna per riattribuire allo sfortunato inventore fiorentino la scoperta del telefono che gli fu 'rubata' oltre cent'anni fa dall'americano di origine scozzese Alexander Graham Bell.

'Il telefono l'ha inventato lui, ma è stato sfortunato', ha proclamato Emily Gear, la giovane direttrice del Garibaldi-Meucci Museum di Staten Island, secondo cui la saga dell'inventore fiorentino, arrivato a New York da emigrante senza conoscere una parola di inglese 'rispecchia il dramma di tanti immigranti ancora oggi discriminati e condannati al fallimento per non essere in grado di parlare la lingua del paese che li ospita'.

Emily Gear ha fatto della rivincita morale di Meucci un punto di forza del suo nuovo mandato: negli Usa il fatto che un italiano abbia inventato il telefono è tutt'altro che scontato perché nelle scuole si attribuisce questa scoperta a Bell. 'Noi però lavoriamo per cambiare questa valutazione e siamo già arrivati in Congresso', ha detto Gear. Di recente un deputato di origine italiana, Vito Fossella, ha presentato alla Camera dei Rappresentanti una risoluzione che rimette le cose in chiaro: 'E' ora di ridare a Meucci il posto che merita nella storia della scienza', si legge nella mozione depositata agli atti.

Il Garibaldi Meucci Museum con Gear al timone ha progetti ambiziosi: oltre alla riattribuzione della scoperta del telefono, si prefigge di diventare un magnete per la diffusione della lingua e della cultura italiana a New York.

Ospitato in una casa di legno dipinta di giallo nel quartiere di Rosebank, il piccolo museo racconta infatti più di molti libri di storia la presenza degli italiani nella New York ottocentesca. Tra gli oggetti che vi sono esposti, in una camera a lui dedicata, c'è la camicia rossa che Giuseppe Garibaldi indossò nel 1849 durante la difesa di Roma.
La giubba si trova lì perché Meucci, che apriva la sua casa a tutti gli italiani che passassero per la Grande Mela, spalancò le porte all'Eroe dei Due Mondi che vi arrivò nel 1851 in cattiva salute e vi abitò per due anni, andando a pesca e a caccia con l'amico Antonio e lavorando con lui nella sua fabbrica di candele.

A Garibaldi, che Emily Gear definisce 'il George Washington italiano' è dedicata una metà del museo. L'altra è tutta riservata a Meucci. In vetrine di nuovo allestimento sono esposte le sue invenzioni, a partire dal 'telettrofono' sperimentato nel 1849: l'apparecchio rudimentale, uno dei tanti che Meucci costruì e di cui dotò la sua casa e il quartiere, fu messo a punto - nota Gear - quando Bell aveva appena due anni.

Se negli Usa ci si affanna tanto per la momoria di Meucci, in Italia il fatto non piace proprio a tutti. Se la Valle d'Aosta fosse una nazione sarebbe sicuramente scoppiato un affare di Stato con la decisione del Congresso Usa di riconoscere la priorità di Antonio Meucci su Bell nell'invenzione del telefono. La Consulta comunale per le attività culturali della città di Aosta, da anni 'ambasciatrice' della figura di un misconosciuto scienziato, sostiene, una volta di più 'che il vero inventore del telefono fu Innocenzo Manzetti' (Aosta, 1826-1877).

Fin dal 1849 - spiega la consulta - Manzetti aveva approntato un rudimentale apparecchio che poi perfezionò e presentò alla stampa nell'estate del 1865, 'sei anni prima del 'caveat' di Meucci e 11 anni prima del brevetto Bell', sottolieano Mauro Caniggia Nicolotti e Luca Poggianti da anni impegnati nella valorizzazione delle intuizioni scientifiche dell' inventore valdostano. Dopo la presentazione, per la prima volta al mondo, la stampa internazionale annunciò che 'era stata trovata la possibilità di trasmettere la parola a grandi distanze per mezzo del filo elettrico'.

Qualche mese dopo, lo stesso Meucci relativamente a tale invenzione scrisse ad un giornale newyorkese: 'Io non posso negare al signor Manzetti la sua invenzione...', poi descrisse un suo telefono che era meno perfezionato e qualitativamente inferiore a quello inventato ad Aosta; 'Meucci mentre parlava doveva tenere stretta fra i denti una lamina, Manzetti discorreva liberamente in una cornetta', sottolineano Caniggia e Poggianti esibendo le testiminianze frutto di anni di ricerche.

Infatti, in questi ultimi anni alcuni storici italiani delle telecomunicazioni hanno dichiarato come i progetti di Meucci denotino una certa somiglianza con il dispositivo del Manzetti e, quindi, sono posteriori al 1865.

'Ora capiamo anche perché nel 1885 il signor August Mathias Tanner, procuratore dei brevetti a Washington, in occasione delle decine di processi che vedevano contrapporsi Bell, Meucci ed altri presunti inventori richiese a parenti e amici di Manzetti gli articoli di giornale che potessero servire per far riconoscere ufficialmente in America il genio valdostano come 'the true inventor of the speaking telephone'.

'Purtroppo era oramai troppo tardi', commentano i due ricercatori valdostani; 'qualche anno prima, due sconosciuti emissari di una imprecisata compagnia telefonica americana, frodarono gli eredi Manzetti portando loro via tutti i progetti ed i prototipi dell'invenzione in cambio di illusorie promesse, così come testimoniato da un atto notarile conservato ad Aosta'.
03 luglio 2002



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