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Ferdinandea, l'isola che non c'è e che non riemerge


Il cono vulcanico emerso nel 1831 nel Canale di Sicilia e poi sprofondato pochi anni dopo non sta per riapparire. Parola dell'Istituto Idrografico della Marina
Ferdinandea, l'isola che non c'è, non riemerge. Lo assicura l'Istituto idrografico della Marina militare che nel mese di dicembre ha compiuto rilievi nell'area dello Stretto di Sicilia dove si trova l'isola sommersa: nulla è cambiato rispetto ai dati del 1989. Di possibile riemersione dello scoglio vulcanico si torna a parlare periodicamente, specie in concomitanza con movimenti tellurici e sismici. Proprio l'attività dell'Etna, nell'ottobre dell'anno scorso, aveva rilanciato queste voci (tornate a circolare anche per i recenti fatti di Stromboli), ma gli accertamenti batimetrici della Marina parlano chiaro: Ferdinandea non riemerge.

Ma anche se l'ex isola se ne sta li' buona buona, sommersa da una decina di metri d'acqua di mare, gli abitanti di Sciacca ritengono che prima o poi possano rivedere lo spettacolo di 173 anni fa, quando l'isola nacque proprio davanti ai loro occhi.

Tra il 22 e il 29 giugno 1831, la costa siciliana fu scossa da tremori sismici (avvertite anche a Palermo) e ammorbata da emanazioni di idrogeno solforato, mentre il mare diventava torbido e ribolliva. L'8 luglio, tra Pantelleria e la costa, in corrispondenza di quei bassifondi detti banchi o secche, alcuni dei quali sono ricoperti di coralli e noto come ''banchi di Sciacca'', si alzò una colonna d'acqua e di vapori; analogo episodio qualche giorno dopo: la colonna era alta 1500 metri.

Il 13 luglio, gli abitanti di Sciacca che si trovavano sulla piazza di San Domenico, videro nettamente una colonna di fumo, a circa 30 miglia al largo, nel luogo noto come "secca di mare". Pensarono ad un piroscafo di passaggio; poi, data la persistenza del fumo, ad una nave in fiamme. Il tratto di mare, come asserì il capitano Pulteney Malcon il quale vi passò col suo bastimento, fu violentemente agitato. La colonna di fumo, il ribollimento delle acque ed i boati furono notati dal 13 al 15 luglio anche dal capitano Mario Provenzano, comandante la bombardiera Madonna delle Grazie, che faceva rotta per Malta.

Due giorni dopo, il capitano Corrao di Sciacca ed i marinai che tornavano dalla pesca, passando da quel punto notarono gran quantità di pesci galleggianti, alcuni morti, altri tramortiti ed una colonna di fumo di circa 15 metri di altezza che si alzava impetuosamente dal mare, accompagnata da forti brontolii e dal gorgoglio delle acque circostanti. Dopo un paio di giorni cominciò l'eruzione di lapilli, pomici, e scorie infuocate.

Il 16 luglio, dove il mare aveva una profondità di 200 metri, emergeva, per 65 metri e con una circonferenza di quasi quattro chilometri, un isolotto con un cratere che eruttava vapori e ceneri e che cresceva rapidamente in dimensioni e in altezza. La Deputazione sanitaria di Sciacca mandò sul posto un peschereccio comandato da Michele Fiorini, il quale piantò sulle falde del vulcano nascente un remo, come primo scopritore, e portò a Sciacca le prime notizie sulla nuova isola. Questa era sorta a 37 gradi e 11 primi di latitudine nord e 12 gradi e 44 primi di longitudine est. I fenomeni eruttivi furono intensissimi fino 24 luglio, poi cessarono fino ad estinguersi nei primi di agosto, epoca in cui l'isola raggiunse il suo massimo sviluppo: 4.800 metri di circonferenza e 63 di altezza massima.

La notizia della nuova isola si diffuse in un attimo; da Palermo fu inviata la corvetta Etna, al comando del capitano Raffaele Cacace; da Marsala partì un brigantino inglese con a bordo anche molti curiosi. Gli inglesi ebbero una particolare predilezione per la nuova isola che si trovava sulla rotta per Malta. La Gazzetta di Malta del 10 agosto riferiva che il capitano Sanhouse, comandante del cutter Hind, il 2 agosto era sbarcato sull'isola e vi aveva piantato la bandiera inglese.

Il 17 agosto, Ferdinando II di Borbone, re di Napoli e Sicilia, includeva l'isola nel proprio regno e le dava il nome di Ferdinandea, proposto da Carlo Gemmellaro geologo all'Università di Catania e uno dei primi studiosi del fenomeno. Il 29 settembre il francese Derussat, che faceva parte della spedizione scientifica del prof. Prevost, issò la bandiera francese sulla parte più alta dell'isola, alla quale fu dato il nome di Giulia in quanto apparsa nel mese di luglio. All'isola furono quindi dati sette nomi diversi: Sciacca, Nertita, Corrao, Hotham, Giulia, Graham, Ferdinandea.

Intanto, mentre tutti litigavano sul suo possesso, la nuova isola, battuta dalle onde, diminuiva a vista d'occhio; quando la visitò Prevost il suo perimetro era ridotto a 700 metri. Alla fine di ottobre l'isola emergeva solo un metro dal mare ed il cratere era appena riconoscibile. L'8 dicembre il capitano Vincenzo Allotta, comandante del brigantino Achille, al posto dell'isola trovò una piccola colonna di acqua calda "con puzza di bitume". Il 17 dicembre due ufficiali dell'Ufficio topografico di Napoli trovarono che tutta l'isola era stata coperta dal mare. Alla fine del 1835 al posto dell'isola c'era un piccolo monte subacqueo la cui cima era a tre metri dalla superficie e costituiva un pericolo per la navigazione. Il 12 agosto 1863 il cratere si riaprì ed in pochi giorni si formò una nuova isoletta che fu subito distrutta dalle onde marine.
18 febbraio 2003



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