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Tesla, il Meucci slavo che sfidò Marconi e Edison


A 150 anni dalla nascita, Serbia e Croazia ricordano insieme il loro più grande scienziato che molti considerano il "padre" della luce elettrica per aver ideato il sistema di distribuzione a corrente alternata
Corrente elettrica alternata, motore senza spazzole, onde radio, telegrafo senza fili, turbina idraulica: è lunga la lista delle invenzioni e scoperte frutto - in parte o per intero - della mente prodigiosa di Nikola Tesla, uno dei geni quasi dimenticati del XX secolo. Uno scienziato slavo, figlio a un tempo della Serbia e della Croazia, la cui figura Belgrado e Zagabria - per una volta riunite - ripropongono in grande stile all'attenzione collettiva in questi giorni, a 150 anni dalla nascita.

Una rievocazione che coinvolge gli Usa, terra in cui Tesla emigrò, e in qualche modo anche l'Italia: per l'evidente somiglianza tra la sua personalità di inventore eccentrico e talora misconosciuto a quella di Antonio Meucci. Ma anche per la sua rivalità, a colpi di recriminazioni e ricorsi, con Guglielmo Marconi, oltre che con Thomas Edison: al quale - bollato come affarista dopo un'iniziale collaborazione - rifiutò di associarsi nel 1912 persino per condividere il Nobel.

Serbo di etnia, ma originario di un villaggio croato dell'entroterra dalmata, Nikola Tesla si è ritrovato al centro di un revival alimentato da convegni e intitolazioni di musei e monumenti che si sta traducendo in una sorta di rivincita postuma. Personalità geniale, con lampi da profeta, ma anche uomo impulsivo, solitario e incapace di compromessi, Tesla lasciò dietro di sé circa 700 invenzioni, 112 delle quali ritenute oggi brevetti fondamentali nel campo dell' elettrotecnica. Oltre a documenti segreti che - si narra - le autorità statunitensi avrebbero scovato dopo la sua scomparsa e usato poi, a decenni di distanza, addirittura per i progetti di scudo spaziale.
E tuttavia ebbe in sorte in vita di essere definito ''pazzo" da Edison e di morire 86enne in completa povertà, dopo essersi alienato per troppo rigore il sostegno di finanziatori e imprenditori e attirato le maldicenze di molti nemici.

I convegni che ora lo celebrano in giro per il mondo gli riconoscono finalmente le stimmate dello scienziato indipendente, magari utopista, ma insensibile alle lusinghe dell'arricchimento personale e capace di sfidare l'establishment industriale americano della sua epoca con scomodi studi pionieristici sulle ''lampade eterne'' o l'energia gratuita. La rete statunitense Discovery Channel lo ha inserito in occasione del 150/mo anniversario tra i cento più grandi "americani" di tutti i tempi, mentre Croazia e Serbia si trovano quasi in competizione, stavolta senza rancori e in spirito di collaborazione, nel vantarne l'eredità. Belgrado ha di recente battezzato il suo aeroporto internazionale al nome di Tesla, mentre un sondaggio pubblicato dal settimanale Nin lo ha incoronato quale ''figlio più autorevole della nazione'' serba, con largo margine rispetto a re e condottieri.

A Zagabria, in pieno centro, gli si sta frattanto preparando un grande monumento, quasi in segno di scuse per il rifiuto che l'amministrazione comunale della città riservò improvvidamente a un suo progetto di illuminazione pubblica nel 1892: appena tre anni prima che lo scienziato serbo-croato, ormai in America, trovasse modo di rivoluzionare il mondo installando i suoi generatori a Niagara Falls.
Un successo valsogli peraltro ben poco credito ufficiale da parte dei contemporanei e oscurato anzi dalla derisione con cui molti accolsero nei primi anni del '900 le sue speculazioni teoriche sulla telecomunicazione con altri pianeti, e i suoi vaticini su un futuro nel quale sarebbe stato possibile leggere i giornali a distanza, comunicare con aggeggi elettronici tascabili, immaginare ''un sistema globale senza fili" e avere ''la possibilità di guardare importanti eventi, inaugurazioni, partite di calcio, catastrofi naturali o guerre come se fossimo fisicamente lì presenti".
Fino al riscatto suggellato post mortem dalla comunità scientifica, nel 1960, con l'attribuzione al suo nome dell'unità di misura dell'induzione magnetica, simboleggiata da allora con una "T".

Un riscatto d'altronde parziale se è vero che sino a oggi la memoria di Tesla è stata patrimonio collettivo duraturo solo nella vecchia Jugoslavia. Dove prima degli anni '90 - e delle sanguinose guerre che dissolsero la federazione - non c'era città che non avesse via o scuola dedicata al suo nome, mentre la sua immagine compariva sulle banconote e il regime ne rivendicava l'eredità anche in chiave politica: insistendo sul contenzioso legale che lo aveva opposto a suo tempo (un po' come Meucci con Bell) all'italiano e accademico fascista Marconi per la paternità primigenia degli esperimenti sulla radio. Contenzioso comunque archiviato, e rimasto sullo sfondo nel nuovo clima di commemorazioni multinazionali di questi giorni.

Serbo d'origine - il padre era un pope ortodosso - Tesla venne alla luce il 10 luglio 1856 a Smiljan, nella Croazia allora asburgica: e proprio in questa data, nella località natale, sono stati aperti al pubblico un museo e un centro multimediale collegati con il Museo Tesla di Belgrado, quello a cui lo scienziato lasciò tutti i suoi scritti e bozze, e con il Museo della centrale idroelettrica delle Cascate di Niagara. Idea in perfetta sintonia con i sentimenti cosmopoliti di un protagonista morto cittadino americano, ma senza rinnegare alcuna delle sue radici balcaniche: ''Fiero - lasciò scritto - della mia stirpe serba come della mia patria croata".

07 agosto 2006



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