Newton
 Newton.club  
 Utente:  
 Password:
Registrati  
  METEO | ANNUNCI | TRAFFICNEWS
Cerca nel sito nel web con
Primopiano Speciali Curiosità Archivio Recensioni Newton
 news
 appuntamenti
 video del mese


 quiz d'intelligenza
 test
 domande/risposte
 sondaggio
 scommetti sul futuro

 video e audio
 download
 link
 arretrati

 libri del mese
 libri per ragazzi
 libri in pillole

 in edicola
 newsletter
 abbonamenti
 abbonamenti estero
 newton nel mondo
 allegati

CONTATTACI   PUBBLICITA'
Altre news
Il tappeto volante (mini) esce dalla fantasia e entra nella realtà
Arriva un pronto soccorso naturale ripara-muscoli
Il subcontinente indiano patria dei rifiuti elettronici
Primo volo dell'aereo sperimentale Boeing "tutt'ala"
Archivio
  2007
  2006
  2005
  2004
  2003
  2002
News
Arte e tecnologia italiane in mostra a New York


Esposta al Metropolitan Museum la Biga da Monteleone di Spoleto completamente restaurata da un team del museo con la partecipazione del CNR
Il principesco carro da parata proveniente da Monteleone di Spoleto, risalente al VI secolo a.C. e conservato nella sezione etrusca delle nuove Greek and Roman Galleries del Metropolitan Museum of Art di New York, torna a risplendere nella sua originaria struttura, grazie al lavoro dei restauratori del museo e di Adriana Emiliozzi ricercatrice dell’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Consiglio nazionale delle ricerche.

La biga di Monteleone (nell'immagine) è rivestita da lamine sapientemente sbalzate e finemente incise, già incrostate di avorio, che narrano episodi della vita dell’eroe omerico Achille. Il suo ritrovamento, come spesso accade, si deve alla casualità: "La tomba infatti fu scoperta l’8 febbraio 1902 da un contadino, in località Colle del Capitano, dove si estende un sepolcreto che va dalla fine dell’Età del Bronzo al VI sec. a.C. - spiega la Emiliozzi -. Oltre al carro, nella grande fossa già ricoperta da un tumulo monumentale era deposto un ricco corredo di vasellame bronzeo che lascia identificare il defunto come ‘capo’ della comunità di uno dei vari siti di transito attraverso l’Appennino, nell’alta Sabina".

La "fuga" del carro all’estero fu favorita dal crollo del campanile di San Marco a Venezia (14 luglio 1902) che distolse l’attenzione dei funzionari ministeriali sulla compravendita del manufatto e per questa inestimabile perdita lo stesso capo del governo, Giovanni Giolitti, fu criticato per l’inadeguatezza delle strutture dello Stato nell’impedire il saccheggio delle opere d’arte italiane.

Quando le parti bronzee del carro giunsero a New York furono sottoposte a restauro e ad una rapida ricomposizione su una struttura lignea che somigliava più a un trono su ruote che a un cocchio, poiché nel 1903 non vi erano punti di riferimento certi per la tipologia del veicolo. Gli errori di riassemblaggio determinarono però una serie di equivoci nello studio del manufatto che si protrassero per circa novant’anni. In particolare, l’errata collocazione di alcuni elementi decorativi aveva indotto gli studiosi a credere che l’artista, autore del manufatto, avesse una cultura "provinciale" avendo rappresentato in maniera incongruente rispetto a modelli greci una scena animalistica proprio sul parapetto del carro.

Adriana Emiliozzi, studiando per la prima volta il carro nel 1989 pubblicò le correzioni da apportare, auspicando un nuovo restauro. "Ci sono voluti cinque anni di lavoro per ‘rimettere a nuovo’ il carro attraverso numerosi passaggi: dallo smontaggio del vecchio restauro nel 2002, ad accurate campagne di radiografie, analisi di laboratorio, esami al microscopio, trattamenti conservativi, rifacimento corretto della struttura lignea di supporto, montaggio delle lamine bronzee e completa campagna fotografica di tutte le fasi di lavoro, oltre che del prodotto finale ottenuto nel 2006" spiega l’archeologa.

"La diversa ricomposizione di alcune parti della Biga, che appare così fedele all’originale - continua la Emiliozzi -, ci induce ad affermare che l’artista, contrariamente a quanto si pensava, aveva un notevole bagaglio culturale, conosceva la saga omerica e le opere greche sulla vita di Achille. Egli ha organizzato la decorazione del parapetto e dei pannelli del carro in modo sapiente e con effetto cromatico per l’aggiunta di avorio. Si ipotizza che il grande artista possa essere originario della Grecia dell’Est, venuto a lavorare nella nostra penisola".

Le indagini hanno fatto emergere la certezza che il carro è stato usato a lungo, forse per più di una generazione, prima di essere deposto nella tomba. Lo studio dei materiali rivela restauri contemporanei al suo utilizzo.

L’occasione per riesaminare il pregevole oggetto è nata in questi ultimi anni nell’ambito dell’immenso e costosissimo progetto di ristrutturazione delle nuove Gallerie Greche e Romane, che ora costituiscono, a detta degli stessi dirigenti del Metropolitan, un "museo nel museo".

In Italia si contano finora i resti di circa 300 veicoli tra cocchi e calessi a due ruote, provenienti da tombe dell’Etruria, del Lazio Antico, dell’Agro Falisco-Capenate, dell’Umbria, della Sabina e di altre popolazioni non greche della Penisola, scaglionati tra la metà dell’VIII ed il V secolo a.C. Mai usato in Italia per il combattimento, il possesso del carro assimilava il suo aristocratico proprietario ai monarchi orientali e agli eroi omerici.

20 aprile 2007



Copyright 2008 © Rcs Periodici Spa - Direttore Responsabile: Giorgio Rivieccio
Per la pubblicità contatta RCS pubblicità SpA - P.IVA:09649920155