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Gli italiani mettono in pericolo molte specie di squali


Secondo Shark Alliance, il nostro Paese è il quarto consumatore mondiale delle carni di questo tipo e si chiede ora un piano di tutela
I predatori del mare sempre meno in acqua e sempre più spesso nel piatto. Gli italiani sono tra i più grandi mangiatori di carne di squalo tanto che il nostro Paese, secondo gli ultimi dati, è il quarto al mondo per import:oltre 13.000 tonnellate nel 2006 di prodotti di squalo, di cui oltre 10.000 tonnellate di carne congelata di squali di specie diverse. Ed è emergenza estinzione per questi predatori sempre più cacciati per far fronte al mercato.

L'allarme è stato lanciato da Shark Alliance che, in occasione di Slow Fish, il salone dedicato al mondo ittico svoltosi a Genova, ha reso noti gli ultimi dati sul consumo di carne di squalo e le conseguenti minacce per la specie.

A finire a tavola, trance di verdesca, smeriglio, palombo o spinarolo, gattucci, ma le stesse specie possono essere vendute sotto nomi diversi, ad esempio la poco pregiata verdesca a volte viene spacciata per il più pregiato palombo. Ma non solo. La verdesca, per esempio, si trova anche in altri prodotti come le zuppe di pesce congelate. In alcuni discount italiani, tranci di verdesca possono costare appena 65 centesimi al chilogrammo.

''L'Italia - riferisce Shark Alliance - è il quarto maggior importatore di prodotti di squalo al mondo, dopo Spagna, Corea e Hong Kong. Mentre la Spagna è uno dei principali mercati per gli squali e i prodotti di squalo ed esporta la maggior parte di ciò che importa, l'Italia è il maggior consumatore di carne e tranci di squalo dell'Unione Europea e uno dei più importanti a livello mondiale''. Inoltre, sempre secondo il dossier diffuso dall'alleanza per gli squali, nel 2006 le aziende italiane hanno importato carne e tranci di squali da più di 35 paesi diversi, per il 64% appartenenti all'Unione Europea.

La maggior parte dei prodotti di squali importati proviene da Spagna, Vietnam, Francia e Regno Unito. Il 91% delle catture europee registrate proviene dall'Oceano Atlantico. Nel 2004 la Spagna ha prodotto il 45% di tutte le catture dell'Unione Europea.

Il risultato, sottolinea Shark Alliance, ''è un generale declino nelle acque europee, dove tutte le popolazioni di squali di valore commerciale sono diminuite e i tempi di recupero sono lunghissimi". L'analisi, ancora in corso, delle popolazioni di squali e razze condotta dalla IUCN (l'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) ha portato a classificare in pericolo oltre un terzo delle specie esaminate in acque europee, mentre un ulteriore 20% rischia di diventarlo nel prossimo futuro. Ecco perché, secondo l'associazione, per la conservazione degli squali in tutto il mondo è fondamentale un miglioramento nella gestione della pesca europea.

Nel 1999, l'Unione Europea e gran parte dei paesi dedicati alla pesca industriale hanno adottato il Piano d'azione della Fao sugli squali, nel quale si poneva l'attenzione sulla vulnerabilità degli squali e sulla necessità di sviluppare piani d'azione regionali e nazionali per la loro tutela. ''A otto anni di distanza, l'Italia - afferma Shark Alliance - non ha ancora un piano d'azione per gli squali".

''Gli italiani tradizionalmente hanno sempre consumato piccoli squali pescati in Mediterraneo. Oggi la verdesca, importata da diversi paesi fra cui Spagna, Vietnam e Sud Africa, ha rimpiazzato, con le sue carni poco pregiate, questi piccoli squali sulle tavole italiane'', rileva l'associazione sottolineando come il nostro Paese, in quanto uno dei quattro maggiori consumatori di prodotti di squalo al mondo, ''non può sottrarsi alla propria responsabilità e deve promuovere la tutela delle importanti e vulnerabili popolazioni di squali e razze, dotandosi di un suo piano d'azione''.

22 maggio 2007



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