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  • George Charpak davanti alla sua camera proporzionale a multifili, il primo rivelatore elettronico di particelle.

    IERI
    In fisica nucleare e delle particelle, una delle cose più difficili è riuscire a interpretare quello che succede all'interno degli apparati sperimentali.
    I rivelatori devono reagire in tempi brevissimi, coprire superfici enormi ed essere in grado di individuare la traccia del passaggio di microscopiche particelle con grandissima precisione, malgrado la crescente intensità dei fasci.
    Negli anni '50 e '60, l'analisi delle immagini riprese
    nelle camere a bolle e a scintilla (i rivelatori di allora) era un procedimento lungo, basato essenzialmente su strumenti fotografici.
    Il metodo non era adatto allo studio di interazioni rare, che richiede una selezione di poche particelle interessanti su
    milioni di particelle osservate.
    Per progredire, era necessario aumentare radicalmente la velocità della raccolta dati, informatizzando le operazioni di osservazione.
    Nel 1968, Georges Charpak realizzò al Cern il primo rivelatore elettronico, la camera proporzionale a multifili.
    È costituita da una serie di fili conduttori paralleli, disposti in uno spazio riempito di gas fra due piastre metalliche, alle quale viene applicato un campo elettrico. Un amplificatore collegato a ogni filo consente di registrare i segnali e trasmetterli a un computer. Il nuovo strumento aveva una capacità di conteggio mille volte superiore alle tecniche esistenti e fruttò a Charpak il premio Nobel nel 1992.


    La camera di Charpak permette di ridurre la quantità di radiazioni utilizzate negli esami clinici. Nella foto un'autoradiografia del cervello di un ratto.

    OGGI
    Ora praticamente tutti gli esperimenti di fisica delle alte energie utilizzano rivelatori basati sul principio ideato da Charpak.
    Ma oltre a essere stati determinanti per molte scoperte in fisica delle particelle, i rivelatori basati sulla camera a fili hanno anche rivoluzionato altre tecnologie più vicine alla nostra vita quotidiana, in particolare nel campo della diagnostica medica.
    Recentemente, applicati alla biologia, alla medicina nucleare e alla radiologia, tutti settori che utilizzano la radiazione ionizzante.
    Questi rivelatori elettronici hanno consentito di ridurre drasticamente le dosi di radiazioni necessarie agli esami, proprio grazie alla velocità di registrazione dei dati che è molto superiore a quella delle tecniche tradizionali.